La fantascienza è morta, viva la FS!

Ultimo contributo in vista di questa domenica, ci vediamo in Cascina Torchiera per la fine del ciclo su La fine.
Fra le tante definizioni della fantascienza date nel secolo scorso, quella del critico eteorico Darko Suvin, a lungo professore di letteratura comparata alla McGillUniversity in Canada e fondatore della rivista Science-Fiction Studies
, è esemplare per concisione e precisione:
La fantascienza si distingue attraverso il dominio o egemonia narrativa di un “novum”(novità, innovazione) finzionale convalidato dalla logica cognitiva. (1)

Universi (quasi) paralleli

“L’anacronismo del possibile. Dalla tanfascienza alle pratiche radicali”, di Antonio Caronia. In attesa del prossimo 9 giugno in Cascina Torchiera.

Di fronte a un libro che raccoglie vecchi articoli e saggi, può venire il dubbio che si tratti di un libroeterogeneo, un mosaico di testi dalle tessere non connesse, un vestito d’Arlecchino che non hagiustificazioni se non nell’egocentrismo e nella smania di protagonismo dell’autore. Non sarò certoio a negare questa possibilità. E tuttavia credo che ci sia una logica, tanto nella scelta di ripubblicarequesti scritti, non più in circolazione da tempo, quanto nella connessione fra i temi delle tre parti diquesta raccolta.I testi qui compresi sono stati scritti e pubblicati la prima volta fra il 1981 e il 2005, e nessuno diessi è stato ripresentato al pubblico da quel momento. Certo, molti dei concetti e dei contenuti chevi si trovano sono stati da me riutilizzati nei vari libri che ho scritto da allora, da Il cyborg (uscito per la prima volta nel 1985 e ripubblicato altre due volte dalla ShaKe edizioni nel 2001 e nel 2008), a Il corpo virtuale (Muzzio 1996), ai due libri scritti con Domenico Gallo,
 Houdini e Faust. Breve storia del cyberpunk (Baldini & Castoldi 1997) e Philip K. Dick. La macchina della paranoia (X book 2006). Alcuni spunti, però (se non parecchi) non sono stati più ripresi, e meritavano forse diessere riproposti al pubblico, fosse anche solo per verificarne l’obsolescenza o l’infondatezza.Inoltre, può avere un qualche interesse ripercorrere l’evoluzione (e magari anche il cambiamentodel punto di vista) di alcune elaborazioni. Nessuno dei testi qui presenti, voglio precisare, ècompreso nell’altra raccolta di articoli e saggi che ho pubblicato in  Archeologie del virtuale. Teorie, scritture, schermi
(ombrecorte 2001).
Prosegue
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Le radici di una disputa: ancora su antropocene e/o capitalocene

Oggi riprendiamo un altro contributo di Giuliano Spagnul, recentemente pubblicato da Effimera. Si avvicina l’appuntamento del prossimo 9 giugno in Cascina Torchiera a Milano!

Antropocene o capitalocene è apparentemente una domanda che ricalca vecchie e classiche dispute sull’apoliticità o meno di determinate branche del sapere umano. È la scienza neutrale a qualsivoglia ideologia?

[1] Appunto, vecchie dispute. Oggi sappiamo[2] che sapere e potere sono indissolubilmente legati. E allora sostituendo il termine antropocene con capitalocene possiamo, probabilmente, evitare lo spettro di un qualsivoglia risorgente ‘neutralismo’. Ma se capitalocene esprime, senza equivoci di sorta, una ben definita visione politica riguardo le motivazioni che certificano il passaggio da un’era geologica ad un’altra, per contro questa stessa visione ha il difetto di oscurare tutta una serie di punti di vista altrettanto politici ma di differente prospettiva.Ecco così che, in questo contesto, abbiamo Isabelle Stengers come Donna Haraway, per fare qualche esempio, che si sottraggono sia “alla normativa dell’Antropocene che vede in Homo Sapiens (nozione su cui, peraltro, si iscrivono stratificazioni di genere e razziali)[3] la causa e, simultaneamente, il rimedio alla catastrofe ecologica” sia “all’idea sostenuta tra gli altri da Toni Negri, che la crisi climatica è questione subordinata alle politiche industriali, e affrontabile solo sulla base della critica ad esse”[4].

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Noi, esseri ecologici: una recensione

Ancora una recensione tratta da Quaderni d’altri tempi. Prosegue il ciclo di ri/pubblicazioni di materiali in vista del sesto e conclusivo incontro del ciclo La fine dell’uomo.

Il fondatore del transumanesimo, Max More, pubblicò online, nel 1999, una celebre Lettera a Madre Natura. Con un tono più ironico e senza dubbio più diretto di quello usato da Giacomo Leopardi nel rivolgersi alla stessa interlocutrice un paio di secoli prima, More osserva che, pur avendoci la Natura fornito una serie di doni importanti (“il massimo controllo del pianeta”, “un’aspettativa di vita fra le più lunghe del regno animale”, “un cervello complesso”), al tempo stesso essa si è dimostrata avara su numerosi aspetti:

“Ci hai creati vulnerabili alle malattie e alle ferite. Ci hai obbligati a invecchiare e a morire – proprio quando cominciamo a diventare saggi. Sei stata un po’ avara nel darci consapevolezza dei nostri processi somatici, cognitivi ed emotivi. Sei stata poco generosa con noi, donando sensi più raffinati ad altri animali. Possiamo funzionare solo in certe specifiche condizioni ambientali. Ci hai dato una memoria limitata e scarso controllo sui nostri istinti tribali e xenofobici” (More, 1999).

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