Quando la scienza conobbe il peccato

di Roberto Paura.

Nel novembre del 1947 al MIT di Boston, in una delle sue tante conferenze pubbliche che tenne dopo essere diventato lo scienziato più famoso del mondo, con la dovuta eccezione per Albert Einstein, J. Robert Oppenheimer pronunciò una frase divenuta famosa:

“In un senso crudo che non potrebbe essere cancellato da nessuna accezione volgare o umoristica, i fisici hanno conosciuto il peccato”.

Per un pubblico attento a cogliere qualsiasi potenziale riferimento a un pentimento che Oppenheimer volesse esprimere per i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, perpetrati con le bombe sviluppate a Los Alamos sotto la sua direzione, quelle parole dicevano tutto. Ma Oppenheimer non le pronunciò con grande attenzione, essendo quello solo un piccolo accenno al progetto Manhattan in una ben più ampia prolusione dedicata a riepilogare le grandi conquiste della fisica delle particelle, o fisica atomica, negli ultimi decenni. La frase divenne famosa, ma poco prima di morire lo scienziato volle precisarne il contenuto: il peccato non era stato quello dell’omicidio di massa, ma dell’orgoglio provato dai fisici nella costruzione della bomba.

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