Per Primo Moroni: Philip K. Dick, i Centri Sociali e gli ombrelli di luce.

Marisa Bello e Giuliano Spagnul

Centro Sociale Leoncavallo 8 aprile – 8 maggio 1999

Costruire immagini, assemblare materiali su Dick ripensando a primo è stato anche ritrovare un tempo della memoria in cui si agglutinavano in maniera insolita molti tipi di materiali. Avevamo deciso di lavorare con materiali di scarto recuperati dall’immondizia metropolitana e lasciare il progetto con una griglia tanto larga da poter essere modificata da ogni incontro con altre persone, idee, materiali. Il metodo di lavoro a nostra insaputa è diventato sempre più associativo, aggregativo, a volte sembrava che oggetti e scarti di materiale dalle funzioni più diverse si mettessero insieme quasi da soli, con una volontà narrativa autonoma. E mentre gli oggetti-scultura prendevano forma, la memoria riportava lucide schegge dalla nostra storia. Così è diventato inevitabile riprendere in mano “L’orda d’oro” visualizzandone alcuni momenti. Riattualizzare scarti, manipolare detriti, riattingere a un passato culturale… Dick per un’associazione a noi stessi sorprendente ci faceva spesso pensare ad Ernesto De martino. Da mondi così lontani e sconosciuti l’uno all’altro, in fondo, gli stessi temi: realtà, datità, crisi della presenza, normalità, follia, reale, immaginario. Interfacce, sconfinamenti, connessioni inconsuete. Ne parlavamo solo tra di noi… poi riprendendo i vecchi testi abbiamo deciso di osare. Era come se il dar forma a nuove immagini e nuove strutture differenti, partendo da materiali consueti, producesse nuove sinapsi, nuovi modi di esperire il nostro stesso piccolo patrimonio culturale. Spesso ci siamo sentiti folli anche a noi, ma il pensiero di Primo ci stimolava ad andare avanti e a praticare quelle libertà che le nostre stesse griglie mentali giudicavano come troppo ardite e improbabili. Il pensiero di Primo ci ha accompagnato per l’intero anno e il ricordo del suo spirito libero ci ha fatto trovare il coraggio di osare e di esporre, per quel che ne siamo capaci, non solo le opere a lui dedicate, ma anche il pensiero e le letture che hanno accompagnato il nostro lavoro con nuovo coraggio e più ampia libertà.

Grazie Primo

Riflessioni… ricordi

Marisa bello

L’anno scorso, il 31 di marzo, eravamo in molti a trovarci lì, insieme dopo tanto tempo. In piazza, per strada, una “fiumana” di volti più o meno noti, dispersi in mille rivoli e differenze che ancora una volta per merito del compagno Primo confluivano in un corteo… il suo. La sensazione più forte, nel vuoto del dopo, era il cuore colmo di riconoscenza per la sua vita e la sensazione di un debito di cui non avevamo mai avuta chiara coscienza. Nacque così il desiderio di dedicargli un lavoro della parte che riteniamo migliore di noi: quella di costruttori di immagini. Ricordare le lunghe chiacchiere alla Calusca in Ticinese, quando arrivata a Milano nel ’77 occupavo con altri il Centro Sociale Isola e si andava da lui a portare ogni volantino e manifesto per averne in cambio altri discutendo di tutto. Poi l’incontro con Giuliano e l’”Ambigua Utopia” trasferitasi, anch’essa nell’ultima fase, all’Isola, e ancora da Primo, che al contrario di me, sapeva tutto anche di fantascienza… I ricordi quasi da soli si sono associati in una nuova combinazione ed è nata questa mostra per Primo su P. Dick, uno degli autori di fantascienza preferito anche da Giuliano. Il desiderio è diventato cumulo di immagini con qualche riflessione e quasi spontaneamente progetto.

 

Antonio Caronia (Flesh Out n.4 giugno-luglio 1999)

“A me piace costruire universi che cadono a pezzi,” scrisse Philip K. Dick. Marisa Bello e Giuliano Spagnul hanno raccolto pazientemente quei pezzi per quasi un anno nei vecchi cassetti, nelle soffitte, nelle discariche, hanno preso il kipple di Dick e lo hanno ricombinato, intrecciandolo con immagini e suggestioni dell’arte del ‘900 (Duchamp, De Chirico, Francis Picabia, Joseph Cornell fra gli altri), con i testi che amavano di più dello stesso Dick e con altri di Georg Buchner, di Samuel Butler, di Franco Fortini, di Ernesto De Martino. Soprattutto di De Martino, acuto antropologo materialista oggi dimenticato perché poco adatto a una società rincretinita, e che in una citazione che campeggia su una parete spiega che cosa sia un “maestro” non autoritario. Per un mese in una grande sala del Leoncavallo si sono visti concetti e temi di Dick vivere in sculture, quadri e testi opera di due di quegli artigiani umili e tenaci che Dick amava tanto e che trasformò nei suoi personaggi migliori. Anche Primo amava la gente così, era uno di loro e non aveva smesso di esserlo neppure quando era diventato un personaggio noto e prezioso per tutta la controcultura e i movimenti di opposizione milanesi e italiani. E Moroni amava anche Dick, come amava la fantascienza, il ballo, il vino e la conversazione (che non era mai noiosa, ma non era neppure chiacchiera). Perché Marisa e Giuliano abbiano scelto Dick per creare questo grande e piccolo evento in ricordo di Primo è qualcosa che è collegato alla loro storia, al loro arrivo a Milano alla metà degli anni Settanta, al centro sociale Isola e a Un’Ambigua Utopia. Mi permettete di non raccontarvela, quella storia, perché ne faccio parte un po’ anch’io: tanto, saperla non toglie e non aggiunge nulla all’intensità e alla forza del loro lavoro.

Apparso originariamente su http://marisa-bello-e-giuliano-spagnul.blogspot.com/p/ombrelli-di-luce.html