La guerra nucleare

Quarto contributo in attesa dell’Autodistruzione nucleare.

Quando ci prende la tentazione di – premere il bottone – e si cade in questa tentazione anche ammettendo che qualche altro, un giorno, potrebbe essere costretto a farlo, se necessario – quando cadiamo in preda di così atroce insidia e di così disperata e deserta contemplazione del possibile, ricordiamo non già i duecentomila di Hiroshima, o i sei milioni di ebrei, perché questo aver bisogno di immagini quantitative per respingere la nuova ecatombe è già un segno di dannazione. In realtà dovrebbe bastare l’immagine di un solo volto umano segnato dal dolore, di un concretissimo volto di persona che abbiamo visto patire senza colpa, in un certo luogo del nostro spazio e in un certo momento del nostro tempo: per esempio l’immagine di una bambina solitaria, affamata e disperata che una volta incontrammo in una certa strada di campagna del miserabile Sud.

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Autodistruzioni nucleari: Nei labirinti della fantascienza

Terzo contributo in attesa dell’Autodistruzione nucleare.

Collettivo “Un’Ambigua Utopia”

Lester Del Rey

Incidente nucleare (Nerves, 1956)

Incidente nucleare, benché sia stato scritto nel 1942 e ampliato in seguito a metà degli anni cinquanta fino a assumere la consistenza di romanzo, è forse tutt’ora l’opera più interessante e “seria” che sia stata prodotta all’interno della SF sul problema del nucleare. Tralasciando tutte quelle che sono inesattezze scientifiche – nel ’43 le centrali nucleari non esistevano se non come lontana ipotesi – il romanzo è interessante per la parte che riguarda sia la vita all’interno che all’esterno immediato di una centrale con tutti i problemi psicologici e pratici connessi, la reazione delle persone come le conseguenze fisiche, sociali e politiche di un “incidente nucleare”. Leggi tutto “Autodistruzioni nucleari: Nei labirinti della fantascienza”

Il nucleare è rivoluzionario – Il rivoluzionario è nucleare?

Il secondo contributo in vista del quarto incontro del ciclo #lafinedelluomo.

L’uno marzo 1979, nel corso della rubrica “Giovani-speciale energia”, è stato organizzato a Radio Popolare un dibattito aperto sul tema: il nucleare è rivoluzionario, il rivoluzionario è nucleare? Sono intervenuti: un redattore di “Un’ambigua utopia” e un rappresentante dei “Quaderni del territorio operaio per il contropotere metropolitano”, una rivista nata da poco tempo.

Ha aperto i lavori il redattore di “Un’ambigua utopia”: “Noi ci poniamo, decisamente, in posizione critica rispetto al movimento antinucleare, perché ci sembra che consideri la questione soltanto da un punto di vista puramente ecologico e separata da un contesto più generale. Leggi tutto “Il nucleare è rivoluzionario – Il rivoluzionario è nucleare?”

Essere o non essere, G. Anders

Primo contributo in vista dell’appuntamento numero 4 del ciclo #lafinedelluomo.

Su uno dei ponti di Hiroshima c’è un uomo che canta e pizzica le corde di uno strumento. Guardatelo. Dove vi aspettate di trovare il volto, non troverete un volto, ma una cortina: perché non ha più volto. Dove vi aspettate di trovare la mano, non troverete una mano, ma un artiglio d’acciaio: perché non ha più mano.

Finché non riusciremo a raggiungere lo scopo per cui ci siamo radunati qui, e non avremo esorcizzato il pericolo che, alla sua prima manifestazione, ha portato via duecentomila uomini, quell’automa sarà su quel ponte e canterà la sua canzone. E finché sarà su quel ponte, sarà su tutti i ponti che conducono al nostro futuro comune. Come atto d’accusa, e come messaggero.

Riscattiamo quell’uomo dal suo ufficio. Facciamo quanto occorre perché sia possibile dirgli: – non sei più necessario; puoi lasciare il tuo posto -.

(Parole conclusive del discorso tenuto dall’autore al IV Congresso internazionale contro le armi atomiche e nucleari e per il disarmo, Tokio, 20 agosto 1958).

L’ignoto spazio profondo, qualche annotazione sul film di Herzog.

Con questa non-recensione si chiude lo spazio dedicato alla terza puntata e comincia la rincorsa in vista del prossimo 14 aprile, con il quarto volume de La fine dell’uomo.

Il film L’ignoto spazio profondo di Werner Herzog è il più antifantascientifico film di fantascienza che sia mai stato prodotto. E non solo per la figura dell’alieno “il più emarginato, più umano” extraterrestre arrivato sul nostro pianeta e “condannato alla solitudine e al rimpianto” (1) dell’intera storia del cinema di science-fiction (2).

Giustamente alla fine del film Herzog ringrazia la NASA, da cui ha preso una gran parte delle immagini, per aver avuto il coraggio di seguirlo nella sua impresa, in questo canto antiprometeico. Perché questo è ciò che esprime questa opera: una straziante, quanto ironica, liquidazione di ogni, tanto orgogliosa quanto immotivata, presunzione di eccezionalità di specie. Una specie autodefinitasi Sapiens e che guarda attonita e impotente la propria, più che probabile, estinzione prossima ventura. Senza cinico compiacimento, ma senza poter evitare un certo senso di ineffabile umorismo, quasi a voler compensare quella sensazione di imbecillità che perviene dai nostri comportamenti così poco sapiens di fronte all’imminente catastrofe, Herzog ci offre la visione di una potente opera per un possibile riscatto. Leggi tutto “L’ignoto spazio profondo, qualche annotazione sul film di Herzog.”