Estratto de La luna sotto casa

Il libro di Primo Moroni e John N. Martin La luna sotto casa è una mappa di tutti i movimenti di superficie che hanno costituito i processi di modernizzazione della Milano dall’immediato dopoguerra alla fine degli anni Ottanta. Una complessa ragnatela dei mutamenti che hanno caratterizzato il volto dell’odierna capitale morale d’Italia. Il racconto di Primo Moroni, qui raccolto e organizzato dal paziente lavoro di John N. Martin, costituisce una vera e propria ricerca di antropologia critica che privilegia, come punto di osservazione, l’individuazione di quei luoghi di conflitto capaci di assumere le forme di resistenza necessaria per poter rilanciare una diversa e alternativa forma di modernità da quella esistente dominante.

Riportiamo qui di seguito dal libro edito dalla Shake del 2007 alcuni brani del 1° e 2° capitolo:

Cominciava così

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L’ideologia del lavoro

Nelle fabbriche, gli operai con stipendi molto bassi15 e altissimi livelli di produttività, assicurano il proseguimento della “ideologia della Ricostruzione”, sodalizio tra la progettualità borghese e quella del Partito Comunista, “un universo di valori concentrato sul considerarsi la parte sana e produttiva della nazione, opposto alla borghesia corrotta, incapace e parassitaria”.16

Questa cultura si afferma a Milano in modo particolare nelle zone operaie storiche e nella aree industriali (da Sesto San Giovanni al Vigentino), producendo comportamenti specifici (gestione costruttiva del quartiere considerato come luogo dei propri diritti, tolleranza del diverso – sempre che questo si dimostri disposto a inserirsi produttivamente nel contesto – equilibrio e partecipazione della terza età alle attività sociali, scarsa mobilità fisica ecc.) di cui risentiranno molto anche le diverse bande di quartiere. Questa cultura differenzia nettamente i gruppi giovanili delle zone proletarie da tutto il resto del panorama urbano e ne costruisce una forte componente ideologica.

È pur vero che non tutta la prima generazione operaia del dopoguerra farà propria la scelta del patto costituzionale del Pci con gli industriali per garantire la ripresa economica e produttiva del paese. Una parte dei combattenti vorrebbe anzi proseguire la lotta armata per passare “dalla Liberazione alla rivoluzione”. Questi soggetti, i primi a opporsi alla riconsegna delle armi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, si collocano nel settore politico della “Resistenza tradita” (che nel primo dopoguerra avrebbe dato vita anche all’esperienza della Volante Rossa)17  e saranno destinati a tornare con modalità diverse nella storia dei movimenti antagonisti.18

Un ragazzo di strada

Processi di formazione

Per i giovani che vivono nei quartieri popolari milanesi nel periodo a cavallo tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, la vita non è particolarmente ricca di prospettive interessanti. In condizioni abitative disastrose, i figli degli operai, nel migliore dei casi, sanno di essere destinati alle scuole di avviamento professionale per poter accedere all’ambita “specializzazione”, mentre le ragazze hanno come orizzonte di vita le scuole commerciali per diventare impiegate. Al contrario, i figli della borghesia, terminate le scuole, caratterizzate da una forte selettività, andranno a rimpolpare i ranghi della classe dirigente.

Per i giovani dei quartieri popolari, l’esigenza di formare un gruppo nasce dal bisogno di superare la rigida predeterminazione della loro vita quotidiana. Il gruppo è dunque il “luogo” in cui è possibile soddisfare le normali esigenze e con cui si occupa il tempo libero nei modi più interessanti possibili. Il modello di queste aggregazioni giovanili non differisce molto da quello descritto dai sociologi della Scuola di Chicago per le “street gang” americane1 e da quelli elaborati dall’antropologia urbana inglese dei tardi anni Cinquanta.

La coesione di diversi soggetti all’interno di una sola entità durante il tempo libero diventa un processo per certi versi “naturale” nel momento in cui il giovane-adolescente (tra i 14 e i 20 anni), non avendo possibilità di comunicare o di svagarsi all’interno delle mura domestiche, si inserisce automaticamente nei meccanismi sociali della vita di quartiere. La morale della banda e della strada prende il posto dell’educazione familiare e diventa, nel contempo, il fine e il mezzo della propria soggettività. La sua formazione è, di fatto, la sintesi finale di un processo di autoidentificazione soggettiva sia nei confronti dei propri pari (relazioni amicali radicate dall’infanzia, semplici processi di conoscenza o di solidarietà sociale), sia rispetto al proprio quartiere, le cui norme sociali e la sua conformazione urbanistica rappresentano elementi determinanti per i comportamenti del gruppo.

Nel caso di Milano, la genesi delle bande è fortemente legata al quartiere d’origine, ed è facilitata in modo particolare da due fattori: il debole livello di interscambio sociale tra le diverse zone della città (retaggio di forme di socialità “preindustriali” che fanno del proprio quartiere vere e proprie “cittadelle” autosufficienti, dotate di un proprio specifico bagaglio culturale), ed un’esaustiva presenza di servizi e poli di socializzazione all’interno dei quartieri stessi.

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Note:

nota 15: 339,91 lire al giorno per i manovali comuni e 378,91 lire per gli operai specializzati, contro un impiegato di prima categoria che incassa 13.048 lire  (le cifre si riferiscono al 1946)

nota 16: P. Moroni, N. Balestrini, L’orda d’oro, Sugarco, Milano 1988

nota 17: Cfr. su questo Cesare Bermani, Storia e mito della Volante rossa, Nuove Edizioni Internazionali, Milano 1997.

Nota 18: P. Moroni, N. Balestrini, L’orda d’oro

Nota 1: Le street gang sono legate nell’immaginario comune al crimine e all’illegalità, ma hanno in realtà origini diverse e su questi altri aspetti si concentra la Scuola di Chicago. La classica forma di gang è quella creata dagli irlandesi a metà dell’Ottocento a New York. Si tratta di una forma di socialità messa in opera da gruppi (non necessariamente giovani, ma più genericamente poveri, immigrati o nativi), che punta al controllo strategico di una porzione dello spazio urbano. Per questi soggetti, la possibilità di controllo strategico di una strada, un isolato, un luogo urbano rappresenta la risorsa principale. Queste caratteristiche originarie non impediscono ovviamente lo sviluppo di street gang connotate da fenomeni criminali, che usano dunque il controllo dello spazio per sviluppare le proprie attività illegali. (N.d.C.)