Ultimo contributo in vista della…Fine.
Collettivo “Un’Ambigua Utopia”
Nevil Shute
L’ultima spiaggia (On the Beach, 1957)
Nevil Shute (1899-1960), inglese di nascita ma australiano di adozione, fu romanziere di discreto successo internazionale, ma la sua fama è legata proprio a questo On the Beach, da cui fu tratto nel 1959 l’omonimo film di Stanley Kramer. Fama francamente un po’ sproporzionata all’effettivo valore dell’opera, sia nella versione letteraria che in quella cinematografica (almeno agli occhi dei più attenti cultori della fantascienza), e che trova un senso solo in virtù della sua collocazione storica, cioè nel clima di tensione della guerra fredda.
Assistiamo infatti alla lenta agonia della Terra, devastata da una guerra atomica senza quartiere. Gli ultimi superstiti, in Australia, hanno i giorni contati per via del fall-out che inesorabilmente li raggiungerà: rimane loro solo il problema, eminentemente filosofico, di come occupare il breve tempo che li separa dalla fine. Risoluti a non mostrare debolezza di fronte alla Morte (stavolta totale e definitiva) essi si impongono di continuare le loro quotidiane attività, in una grottesca recita della vita. Una spedizione partirà con un sottomarino alla ricerca di eventuali superstiti, ma l’esito sarà negativo: intanto il fardello di questa finta vita comincia a gravare troppo su alcuni dei condannati, tra cui lo scienziato John Osborne, che si ritiene colpevole – anche a nome dei defunti colleghi – di aver armato mani irresponsabili in nome di un erroneo concetto di neutralità della scienza. Così, incapaci di attendere la fine, molti cercheranno la morte in una insensata corsa automobilistica che ha per unico traguardo il suicidio. Solo Osborne corre per vincere, appagando un antico desiderio, e se ne andrà poi a morire in disparte, come tutti, con una sorta di estremo pudore.
Scritto con stile levigato e elegante, il romanzo ha per contro diversi momenti di noia, facendo rimpiangere il rigore della prosa del miglior Dick, a cui è particolarmente cara questa tematica; ma d’altronde è significativo che, nonostante la fantascienza si sia occupata spesso, con eccellenti opere, del dopobomba, ci sia voluto un romanzo appartenente al mainstream letterario per esprimere, di fronte a una più vasta platea, l’angoscia di quei primi anni dell’”Era della paura.”