Al ritorno dalla prima puntata de La fine dell’uomo, alcune considerazioni di Giuliano Spagnul prima di introdurre i materiali preparatori del secondo appuntamento.
Il senso di colpa (1) e della vergogna sono quei sentimenti che più di ogni altro caratterizzano il momento storico attuale. Questa è una delle chiavi di lettura che mi sentirei di arrischiare per cercare di analizzare il film che abbiamo visto in chiusura del primo incontro dedicato al tema dell’evoluzione (e quindi della mutazione). Annientamento del 2018 (direttamente su Netflix senza passaggio nelle sale) per la regia di Alex Garland è un aggregato di prestiti fantascientifici dalla letteratura, al cinema, al fumetto specificamente di genere, a quelli più “colti” con pretese meno popolari; per intenderci: i film di Tarkovskij piuttosto che la pittura di Max Ernst.
Il film sembra essere la risposta ai motivi di quello che pare essere una vera e propria pulsione all’annientamento volontario da parte del genere umano arrivato stancamente alla soglia di un possibile salto evolutivo senza precedenti. In questa, che anni fa fu definita, epoca delle passioni tristi l’idea di mutare, di poter cambiare sembra essere vista come una possibilità (forse l’ultima?) di mettere riparo, di correggere un errore, o meglio l’errore che determina il male, l’infelice deviazione che ci porta nella vita a distruggere tutto ciò che abbiamo di bello, di giusto e in definitiva di abbandonare quella felicità che ci sarebbe data come condizione naturalmente conquistabile. Il peccato in questa storia esemplare è il tradimento che la protagonista Lena (insegnante di biologia all’università, con sette anni di carriera nell’esercito alle spalle) compie ai danni del marito Kane (militare impegnato spesso in missioni speciali) intrattenendo un rapporto con un collega (anche lui felicemente sposato) con cui, al contrario che col marito, ha interessi di lavoro e intellettuali comuni. Questo il vulnus in cui si incista il male; come quelle cellule cancerose che Lane mostra agli studenti e che avrà un primo drastico tentativo di rimedio con l’interruzione dell’adulterio (e si intuisce anche dell’amicizia) quando Kane verrà dato per disperso dalla sua ultima missione. E fin qui siamo su quel terreno delle consuete dinamiche delle passioni, desideri, bisogni che vorremmo essere capaci di governare ma da cui siamo invece sempre più spesso governati. Il fulcro della storia sarà però la missione che Lane (dopo il ritorno del marito ridotto in fin di vita e sequestrato dalle autorità militari) accetterà di fare all’interno della zona X (in cui si era svolta la missione di Kane) nella quale stanno avvenendo una serie di misteriose e incontrollabili mutazioni. Non importa il resto della storia (2), quel che conta qui è cogliere questo particolare aspetto di coincidenza tra mutazione e senso di colpa. Cosa succede nel processo di mutazione? Quale sia l’esperienza del cambiamento non sembra avere grande rilevanza. Quello che sembra contare invece è il puro confronto tra sé e sé; l’alieno (che nella storia è la causa delle serie di mutazioni dell’area X) non è altro che il proprio doppio, un modo per confrontarsi col proprio sé. Come questo avvenga è irrilevante perché in realtà è già avvenuto quando Lane ha chiuso, senza dare spiegazioni, senza riflessione alcuna il rapporto adulterino. L’esperienza del “mutamento” è una pura esteriorizzazione di una decisione che si nega a qualunque confronto. Al contrario di quelle avventure di cambiamento, così come eravamo abituati a immaginarle e ad esperirle fino a tutto il secolo scorso, oggi queste sembrano configurarsi come percorso di espiazione. Punizione, pentimento, espiazione, ricomposizione finale allo stadio precedente la colpa. Lane ritorna, unica redenta, dalla zona X (le altre non riescono a superare la prova, non arrivano a misurarsi col loro peccato originale) e ritrova Kane guarito e forse trasformato in altro. Pronto comunque a riammalarsi di nuovo e ad annientarsi di fronte all’eventualità di una nuova possibile perturbazione dell’ordine matrimoniale. L’unico cambiamento auspicabile (il vero mutamento) sta nell’accettazione del sempre uguale come garante dell’unica vera felicità possibile.
Note:
- Del senso di colpa Philip K. Dick ha impregnato la sua intera narrativa anticipando quest’atmosfera frustrante in cui ci sentiamo oggi irrimediabilmente avvolti. http://una-stanza-per-philip-k-dick.blogspot.it/2015/11/colpa.html
- Rimando all’esauriente recensione: http://www.quadernidaltritempi.eu/tutto-cangia-nellarea-x-e-la-natura-e-lieta-anchella/
Giuliano Spagnul